domenica 23 dicembre 2018

La sindrome del brutto anatroccolo

Quando andavo al liceo, in realtà anche dopo, mi sono sempre sentita il brutto anatroccolo, insomma l’amica che nelle descrizioni era quella “ma com’è carina?” E gli altri rispondevano “simpatica!”.


Simpatica in effetti mi ci sono sempre sentita. L’Autoironia la mia vera dote, il dono,  sopra ogni altra cosa.
Niente che non si possa risolvere con una risata, mi sono sempre detta. Ne ho fatto una filosofia di vita, mai prendersi troppo sul serio (ma ogni tanto lo faccio).


Insomma dicevamo, ho la sindrome del brutto anatroccolo, mi sento sempre fuori posto, sempre fuori moda, e sempre più bruttarella degli altri.
Ma non è solo che mi ci sento, è una delle poche solide certezze della mia vita.
In questi ultimi due anni ho rivisto alcuni di quelli che erano i miei “miti” al liceo, tipo i Dylan McCay o i Brandon Walsh di Agrigento alla fine degli anni ‘90, alcuni cambiati di molto, altri conservati perfettamente se possibile anche più affascinanti, l’uomo è così... o si appanza o diventa pieno di charme.
Insomma volevo dire a tutti i miei pupilli del liceo che ora mi trovano interessante, che io sono la stessa che 15 anni fa prendevano in giro e volevo chiedere eravate scemi allora o siete diventati scemi ora? 



Uno di questi  con una certa sobria eleganza mi ha fermata l’altra sera, non riconoscendomi si è presentato, mi ha chiesto il nome e mi ha detto “Monica, ti guardo da un’ora, te la posso dire una cosa? Si troppu bona”


E queste Si che sono soddisfazioni Christmas edition.

venerdì 14 dicembre 2018

L'ingrediente segreto.



Sono stata giusto qualche giorno fa ad un matrimonio, e ormai per deformazione professionale osservo ogni minimo dettaglio a partire dall’arrivo della sposa sul sagrato della chiesa o davanti al municipio: la macchina, il vestito del papà, i fiori in chiesa. I libretti della celebrazione poi non ne parliamo, li passo al setaccio, praticamente cerco anche eventuali refusi. Insomma, sono diventata “the Eye in the Sky” dei matrimoni, la zia zitella che nessuno vuole invitare perché tanto un difetto lo troverà comunque, sempre. Sono il giudice insindacabile di ogni portata del trattenimento, osservo il tovagliame, l’impiattamento, l’organizzazione dei buffet e la totale inciviltà di ogni invitato messo davanti al banco con il cibo. Sono diventata il giudice di X-Factor Wedding edition e quindi dell’animazione in sala. Non mi piacciono quasi mai i matrimoni troppo affollati che comportano una serie di scelte incontrovertibilmente scomode ed ovviamente la farà da padrone la totale assenza dell’intima complicità delle cerimonie con pochi invitati. Ma c’è una cosa che mi spiazza sempre quando la osservo, c’è una cosa che mi lascia senza parole e che sempre ogni volta mi fa dimenticare i nei o le macchie dei Matrimoni in cui vengo invitata, è “l’ingrediente Segreto”.




“L’ingrediente segreto” di tutti i matrimoni belli e solitamente longevi, lo potrete trovare se guardate bene negli occhi degli sposi, senza distinzione di età, razza, estrazione sociale e status economico. È una luce che si vede se guardi attentamente che si accende quando c’è davanti a voi una coppia felice di essere li con voi a festeggiare, è la luce che accende l’armonia e la complicità degli sposini, è la luce unica che si accende quando c’è l’amore, l’unico vero ingrediente che faccia riuscire un matrimonio. Se questo ingrediente non c’è si vede, e credetemi quando vi dico che ne ho visti tanti di matrimoni senza luce, allora guardatevi dentro e prima di rovinare la vostra vita e quella del vostro compagno o della vostra compagna, staccate la spina ad un rapporto che non c’è più, ricercate la luce e quando l’avrete trovata davvero, allora e solo allora sposatevi.





“Non è finita finché ricomincia” G.Romagnoli (Senza fine. La meraviglia dell’ultimo amore)




Mnemonicamente per la rivista Cerimonia in Stile.

domenica 2 dicembre 2018

Più forte ti scriverò.


Una delle mie classiche domeniche di guardia, ho finito di mangiare la pasta al forno che mia mamma mi fa prontamente arrivare con mio padre.
Pasta al forno che per ragioni sconosciute a chi non ha i superpoteri delle mamme,  non si capisce come riesca ad arrivare rovente da Agrigento ad Aragona. Mistero.
Appena assaporato il primo boccone arriva la visita da effettuare, puntuale, squilla il telefono o trilla il campanello, perché loro lo sanno quando stai per mangiare.



Non ricordo più come si faccia a scrivere una lettera, a rivolgersi ad un amico lontano scrivendo bellissimi profluvi di parole, senza faccine sorridenti, senza cuoricini o abbreviazioni. Vorrei avere un amico che ami ancora leggerle le lettere. Se esistessi ti scriverei così:

Caro Amore mio, non caro amore è davvero troppo.
Caro Amico mio, diciamo Caro Amico, che mio no, non posso proprio dirlo.
Ma amici mai, quindi direi che potrei iniziare con un tenero affettuoso ed essenziale: Caro.

Vorrei, se potessi, fermare il tempo e se potessi portare indietro le lancette dell’orologio per una volta nella vita, non lo farei, perché oggi è meglio di ieri.
Vorrei, se potessi, inventare un realizzatore di promesse quelle che le persone si fanno e che non potranno mai mantenere.
Vorrei poterti dire tutto senza avere uno schermo davanti, vorrei una foto da incorniciare e da guardare insieme sorridendo.
Vorrei avere il potere di tele-trasportarmi in tutti i posti che abbiamo immaginato e dove vorremmo andare.
Vorrei avere il potere di non mancare agli appuntamenti importanti, quando un silenzioso abbraccio serve più che mille lettere, talvolta un solo sguardo.
Vorrei avere il coraggio di chiedere, che non avrò mai, perché felici si può essere anche solo per un attimo e va bene anche così.
Vorrei avere il potere magico di infondere speranza, perchè ormai non ci crediamo più, non ci crede più nessuno che le cose possano travolgerci da un momento all’altro.
Vorrei che esistessi davvero, e che non ci fosse bisogno di scriverti.
Vorrei poterti dire che non ho paura e che tu mi dicessi “sono qui”.

Nel frattempo bevo una Coca Zero e guardo fuori dalla finestra, e riuscire a scorgere a malapena un angolo di cielo e la scia di un aereo.

“E siccome sei troppo lontano…più forte ti scriverò.”

sabato 6 ottobre 2018

Una single a Nozze.



Questo articolo non parlerà di tendenze Wedding, di catering o di quali sono gli ultimi trend per ciò che riguardai viaggi di nozze. Questo articolo parla dei vostri invitati single.



Il +1 che verrà al vostro matrimonio pur non conoscendo praticamente nessuno dei vostri 250 invitati (che follia, meno siamo meglio stiamo), perché vi vuole bene così tanto da “accollarsi” una serata che credetemi sbattere il mignolino in uno spigolo è una sensazione più piacevole.
Perché diciamoci la verità: sti Single a nozze non avete la benché minima idea di come gestirli.


Partiamo dal presupposto che scavallati i trent’anni venire invitati a tutti i matrimoni della stagione è dispendioso, impegnativo in termini di tempo specie per le single donne, che sono una categoria a parte, perché gli uomini single con un paio di bicchieri di vino la cravatta allentata e la camicia che comincia a “sbracare” vanno alla conquista di zia Concettina che ovviamente se ne innamorerà.
Le Donne single a nozze alla cena arrivano già sfinite, con i piedi doloranti e un sonno bestiale perché “trucco e parrucco” lo fanno anche loro, perché hanno messo un vestito tanto carino, che ha comportato ovviamente una seduta intensa dall’estetista, per rendere giustizia al vestito deve mettere i tacchi che sono una tortura specie se tenuti per 6-7 ore di fila e pretendono anche che ci balli sopra.
Scelgono delle location improponibili perché decidete di sposarvi in una chiesetta in centro storico (e non al duomo di Monreale) non potete fare 300 invitati di questi 50/70 stretti e appiccicati come sardine saranno seduti a sentire un’ora circa di rito religioso gli altri in piedi, praticamente una tortura cinese, quindi quando scegliete la location fatelo bene per favore. Poi il trattenimento a km e km di distanza dalla chiesa, ovviamente con il buffet di antipasti all’esterno sul prato inglese con i tacchi che affondano così tanto che col tuo stiletto solletica la testa a Lucifero o peggio ancora il ciottolato praticamente rischi la distorsione severa ogni passo che dai, pensateci a queste cose quando scegliete i posti che faranno da cornice al vostro matrimonio, i vostri invitati devono essere coccolati e felici di essere li non fare una sessione di giochi senza frontiere!
Ultimo e spinosissimo tasto il tavolo dove piazzare il “+1”:
ricordate che lui o lei è da solo, quindi vietato metterlo con le famiglie di cugini di ottavo grado che si trovano li e non sanno nemmeno di preciso come vi chiamate, vietato metterlo nel tavolo dei colleghi di lavoro perché se siete per esempio medici e lui\lei è ipocondriaco il vostro matrimonio lo manderà in analisi per le settimane successive, la soluzione migliore è fare un tavolo di amici “+1” ma non chiamatelo tavolo dei single facendo magari la solita beota battuta ai matrimoni si baccaglia tantissimo prima cosa non è vero, ai matrimoni il 90% delle volte ci annoiamo, e poi fatevi baluginare in testa che se sono single non è detto che siano disperati  e che vogliano trovare compagnia nel vostro tavolo dei single e ad ogni modo le persone da frequentare  sanno trovarsele da sole, pessime magari, ma fatevi gli affari vostri.

I vostri invitti single saranno felici di vedervi felici, ma ricordatevi che quella faccia da “toccherà anche a te prima o poi” è irritante, e suona un po' come un anatema, quindi ricordatevi le buone maniere con tutti ma ancora di più con i vostri “+1” anche perché se “Je piglia Bene” saranno il gruppo di animazione della serata!

“All the single ladies
Now put your hands up”



sabato 29 settembre 2018

Malgrado tutto.

Questa passeggiata la dedico a chi ha paura, a chi è lontano, a chi è arrabbiato e a chi sogna di tornare ad Agrigento.
La dedico a tutti quelli che si stanno perdendo qualcosa.
La dedico a tutti quelli che si vogliono perdere.

Passeggio per i vicoli arabi del centro storico, non fa più tanto caldo, non scrivo da tanto tempo, troppo presa dalla mia tumultuosa serenità, da mille domande sul mio futuro, tante paure, e il ticchettio dell'orologio che mi scandisce il passare del tempo, gli anni stanno volando via veloci, me ne sto accorgendo solo ora, ho imparato a non sprecare più nemmeno un minuto, e a prendere tutto con estrema leggerezza, che in fondo pigliarisi colari non serve proprio a niente.



Agrigento è una città meravigliosamente crudele, è in grado di amplificare tutte le tue emozioni, come mi succede adesso che faccio sali e scendi dalle salite del colle, col fiatone, rigorosamente col fiatone, tolgo le cuffie di tanto in tanto per sentire che hanno da dirsi i vecchi affacciati ai balconi a godersi questo vento ora un pò pungente a dire il vero. 


Come hai fatto a rimanere qui?
Non ho scelto mi è capitato, e i primi tempi è stata dura, me la sono fatta piacere, poi la dimensione della piccola città mi ha piano piano avviluppata, e io non ho fatto niente per spostarmi dalla morsa di Girgenti perché malgrado tutto lei mi ha scelto prima ancora che lo facessi io, e non perché qui ci sono nata perché onestamente sono più i motivi per cui una giovane (si fa per dire) donna debba andare via che quelli per rimanere, si lotta ogni giorno contro un sistema che non funziona,  si lotta con delle menti troppo chiuse e delle lingue chilometriche come succede di sicuro altrove ma qui però quando ti prende lo scazzo puoi andare al mare, che oggi brilla, di un blu meraviglioso, o fare un giro per la Kasba di Kerkent. 


Ed è inutile che fate tanto i mitteleuropei questa dannata città manca, manca sempre. Manca sempre a tutti.

Qui le emozioni le vivi amplificate, forse perché la vita scorre lenta. 
Una ferita aperta brucia di più, e sembra ci voglia una vita a superarla.
Un amore nato da poco diventa l'amore dei per sempre.
Un amore che non c'è più, cammina con te nei vicoli, lo senti l'eco delle vostre risate, il rumore della chiave nella serratura, la porta che si chiude alle vostre spalle, sudori e sospiri.



Questa città è una città che ti fa sognare se hai la speranza di un futuro migliore ma anche se hai la disperazione di un presente che non vede nessuna luce in fondo al tunnel. Forse perché in fondo al tunnel c'è un bellissimo cortile.




Questa città ti fa sognare perché prima o poi tornano tutti. E regala sempre seconde e terze possibilità, perché mentre tu perdi ancora tempo a perdonarti gli errori che pensi di aver commesso, lei ti ha già perdonato e ti sta offrendo un'occasione. 



Sono rimasta perché qui riesco ancora a Sognare.
Malgrado tutto.


Le Fotografie, questi piccole istantanee di vita Giurgintana sono del mio prezioso amico Andrea Furnari.


venerdì 29 giugno 2018

Che ne sarà di me?






Mentre mi godo qualche giorno di ferie in attesa dei concorsi per le specializzazioni mediche mi chiedo che ne sarà di me.  E siccome so quanto mi mancherebbe questo mare, stavo pensando ad una soluzione alternativa per non abbandonarlo: ho trovato @unipegaso_it l'Università telematica che, con 70 sedi su tutto il territorio, permette di continuare la propria formazione anche se si lavora, o semplicemente non ci si vuole spostare da casa.  


#unipegaso #ad

martedì 5 giugno 2018

Fimmina di Casa


"FIMMINA DI CASA- di Andrea Furnari.





Non è la prima volta che mi succede di vedere una fotografia che mi comunichi una suggestione, fotografie che a volte raccontano una storia.

Mi immagino una domenica tersa di giugno, il frinire delle cicale che spesso si fanno sentire nelle ore più calde, il tintinnio delle posate che urtano delicate i piatti, il profumo del sugo appena fatto, e delle melanzane fritte (che domenica sarebbe senza), delle mani raggrinzite dal tempo che pizzicano le foglie di basilico, e delle altre che stirano sapientemente la tovaglia sul tavolo del patio.
Immagino che quelle mani abbiano tanto da raccontare, immagino siano mani che hanno lavorato una vita e che non si sono risparmiate tagli e ferite, il lavoro che oggi le rende ruvide ma che non mancano mai di donare una carezza ai nipoti che affolleranno chiassosamente casa poco dopo il rito della "cunzata" del tavolo. 
Immagino che quelle mani si siano intrecciate che erano poco più che ventenni e che si siano trovate distanti decine di volte, per poi riavvicinarsi, perché così è l'amore: è man-tenersi. 
IL CUORE ALTROVE- di Andrea Furnari.

Le mani che stanno stirando le pieghe di una tovaglia, mi raccontano decine di altre immagini, di una passeggiata mano nella mano che dura una vita, che trova il culmine in quelle domeniche, in cui la nonna cucina per tutti.

Mi raccontano di "Fimmini di Casa", che hanno portato avanti le famiglie per venti, trenta a volte quarant'anni nei casi più fortunati anche di più, quelle che voi uomini avete pensato vi fossero subordinate e sottomesse, senza le quali non sareste stati in grado nemmeno di "Sciusciarivi u nasu", quelle donne hanno fatto la loro dichiarazione di indipendenza attraverso le loro figlie e poi le loro nipoti. Il segnale del tempo che passa al quale molti ancora si devono abituare.
Una donna "indie", credetemi sa meglio di tutti come fare la fimmina di casa. 
Le donne "indie", sono quelle che per anni di domenica hanno fritto melanzane per tutti, e che vi hanno insegnato ad amare, e rispettare e corteggiare le donne, solo che voi nel frattempo lo avete dimenticato.

Io dietro certe foto ci vedo delle storie, e dietro quelle storie ci vedo il fallimento della nostra generazione, e ancora di più di quella dei nostri genitori di uno stuolo di madri che ha educato delle donne agguerrite e intelligenti, non raccontando di quanto però gli uomini si spaventino di loro, perché delle altre madri hanno imboccato i figli fino a trenta a volte quarant'anni non dicendogli mai cresci, ma rimboccandogli le coperte, e portandogli il caffè a letto, crescendo degli inabili emotivi (e mi dispiace dirlo,  non solo emotivi).

In una foto con una fimmina di casa, ci vedo la famiglia e l'odore del pranzo domenicale e il pippiare del sugo sul fuoco, ma questo lo sto solo immaginando.

Quello che si vede nella foto è una donna anziana che stira con sapienza una tovaglia aiutandosi con le mani, da sola. 
Ma più di ciò che si vede mi piace ciò che non si vede, il nonno che sta forse supervisionando in cucina sperando che non si bruci nulla, o che magari ha sulle gambe il più piccolo dei nipoti a cui sta raccontando una storia fantastica.

Mi piace pensare che dopo aver finito di "cunzare la tavola" arrivi il momento di mettersi su una poltroncina al fresco riparo di qualche albero, con un libro, e che le nipoti si siedano tutte intorno ad ascoltare le parole stampate su quelle pagine ingiallite, mentre gli uomini, in un angolo guardano con incredulo stupore i tempi che cambiano, provando con fatica a stare al passo, e se saranno fortunati, troveranno una donna che li terrà per mano, che per amore rallenterà, aspettandoli.

A MANO A MANO - di Andrea Furnari.

“Il volersi bene si costruisce. Ma l’amore quello vero, no. L’amore lo senti immediato, non ha tempo. É dire “ti sento”. Un contatto di pelle, un abbraccio, un bacio. Mantenersi, il mio verbo preferito, tenersi per mano. Ti può bastare per la vita intera, un attimo, un incontro. Rinunciarvi è folle, sempre e comunque.” 
― Erri De LucaI pesci non chiudono gli occhi


Le fotografie sono state realizzate e condivise per gentile concessione, dall'occhio sensibile dell'artista a tutto tondo e amico insostituibile : Andrea Furnari. 

sabato 26 maggio 2018

Scusate il Francesismo.

Ho riletto da poco un pezzo scritto per il blog "I Trentenni" giusto un anno fa, che ripeteva come un karma "non siete voi quelle sbagliate, non siete troppo, non siete troppo poco" semplicemente non ha funzionato l'incastro chiave-serratura col bipede di turno. Ferma sul balcone osservo il placido mare siciliano di oggi, e in fondo le cose che peNsavo un anno fa non sono cambiate di molto. 


In quest'anno ho imparato a non giudicare gli altri, e non giudicare sopratutto le cose che non capisco o che io non farei..."Ma chi io? Non lo farei mai..." a volte le cose non le facciamo solo perché non ci capitano, ma trovarsele di fronte quella..."ma chi io ?! MAAAAAIII" è tutta un'altra storia. 

Se in quest'anno, io ho imparato a non farmi meraviglia di niente, e di nessuno, mi ritrovo davanti gente che invece questo vizio, quello di giudicare, mica se l'è tolto e se una cosa va male, ricordate, che può sempre andare peggio.

Vi devo dire la verità, non voglio dirlo ad alta voce, l'anno trascorso da quell'articolo, è stato veramente una figata pazzesca, ho trovato le briciole che avevo lasciato per non perdermi come Pollicino e passo dopo passo ho visto anche il sentiero che avevo abbandonato. Camminando ho incontrato tanta gente, quasi tutta interessante, molti degli interessanti casi di studio ad onor del vero. Tra questi anche qualche caso umano, che io attiro puntuale come un orologio svizzero. 

Da quelli bloccati, a quelli che invece sono anche troppo sbloccati per cui davvero porre dei freni al loro viscido e sfrontato corteggiamento è come andare incontro ad una slavina armata di palette e secchiello, a quello che in assoluto mi ha colpita di più in quanto ad originalità: 
un sorriso bellissimo, interessante, che dice io ti voglio conoscere, che sfodera tutto il suo fascino da charmant, che ti racconta davvero tantissime cose, con cui parli bene, che non ti fa annoiare, attento e galante, insomma vah, lo osservavo per capire dove stava nascosto il barbatrucco.

E niente mica lo trovavo! Ma ad una ad una si rivelano le stelle e...squillino le trombe e rullino i tamburi: una parolaccia mi è valsa l'eradicazione dal genere femminile. 
Il mio sottolineare (ipse dixit) il fatto di essere indipendente ha fatto il resto.

Ho riso un sacco, quando ho sentito il motivo dell'ennesima scomparsa, e ovviamente ho smesso di aspettare Godot, per cui, una stretta di mano e amici come prima. 
Però ci pensate che siamo nel 2018 e c'è ancora gente a cui fa strano vedere una donna indipendente? E che in un contesto assolutamente goliardico fa una battuta forse un pò pecoreccia ma niente che possa essere inserito nell'elenco delle battute che potessero avermi fatto guadagnare le porte degli inferi con accesso libero e consumazione free insomma. 
Io forse mi rendo conto di essere un pò una pagliaccia, mi piace ridere di me, e forse il mio buttarla sempre in caciara mi può rendere forse meno gatta di altre donne, però ecco "fimmina, mi sento".

Insomma quel ditino puntato contro mi ha fatto davvero divertire, e dopo uno sguardo quasi compassionevole, perchè stavolta avrei voluto dirlo "guarda, mi spiace, il problema non sei tu sono io" che proprio non me l'accollo.
Ho fatto spallucce sorriso, e dopo aver detto compermesso sono rientrata a casa e alle mie amiche ho detto: "Mi hanno veramente scartavetrato i cogxxxni!" 
SCUSATE IL FRANCESISMO!

Alla prossima,
Monica.

La femminilità piace agli uomini perché permette loro di apparire per contrasto più virili. 
Susan Brownmiller, Femminilità, 1984

martedì 15 maggio 2018

Piccole Donne

MilleOttocentoOttanta, quattro sorelle, molto diverse tra di loro, Josephine March, detta "Jo", scrittrice, sognatrice, ribelle estremante indipendente è la protagonista indiscussa del romanzo di M.L. Alcott  "Piccole Donne".



E' uno dei primi libri che ho letto e ho adorato il temperamento di Jo, forse non è un caso che io scriva, ho amato il suo essere cosi tremendamente fuori dai cliché, il suo essere in grado di cavarsela sempre da sola, non disdegnando l'aiuto dei suoi cari, una piccola donna estremamente coriacea ma nell'essenza estremamente fragile, ma questo era un aspetto che non tutti riuscivano a cogliere, una come Jo doveva suscitare proprio scandalo, una piccola donna che ha rifiutato ben due proposte di matrimonio, aspettando il grande amore, una piccola donna che ha fatto del proprio talento una valvola di sfogo per tutto ciò che avrebbe voluto dire e non poteva, una piccola donna che alla fine pagava lo scotto della sua diversità, delle sue fragilità, del suo essere solitaria ma estremamente attenta agli altri, uno dei passaggi più belli del libro è quello in cui Jo taglia i suoi lunghi capelli per venderli e racimolare qualche soldo per la sua famiglia, lascia quello che poteva essere il suo grande amore per accudire la sorella ammalata, lei la piccola grande Jo così delicata alla fine diventa la spina dorsale della famiglia March.
Parliamo di un romanzo scritto nella seconda metà dell'ottocento, periodo in cui a malapena le donne potevano avere accesso agli studi, figuriamoci tutto il resto. 
Ma oggi? Che fine fanno quelle come Jo?
Io sono cresciuta nel mito di questo personaggio che alla fine insegue i suoi sogni riesce a realizzarli, trova l'amore ma quello vero con la A maiuscola, che la accompagnerà nelle sue avventure senza chiederle di essere altro da sé, che la ama per com'è con capelli acconciati male e il suo fare da maschiaccio.
Nel 2018 non è ancora tempo per quelle come Jo, che lavorano, che fanno un lavoro che amano, che si mostrano per come sono e non per come gli altri vorrebbero che fossero. Per un certo periodo mi sono fatta convinta del fatto che tutto dipendesse dall'età, dall'immaturità, mia e di chi avevo di fronte, poi ho pensato che per stare accanto alle Jo del nuovo millennio ci volesse solo un pò di "cultura" in più, che ci volessero gli uomini fuori da quelli che sono gli schemi mentali del provincialismo, poi ho pensato che ci volesse solo un pò di coraggio ad avere accanto una persona che avesse qualcosa da dire, ma mica più di tanto, leggermente con più iniziativa di un comodino con sopra un' abat-jour.
Oggi penso che il 2018 ancora non è pronto ad accogliere le donne coraggiose come Jo.
Si discute ancora di aborto, di quote rosa, di stupri giustificati dalle minigonne, di emancipazione femminile, di libertà sessuale, di "ma come parli non sta bene ad una donna...", allora forse questo 2018 non è poi cosi lontano da quel 1880 in cui una come Jo faceva scandalo, e purtroppo o per fortuna fa scandalo ancora oggi.



Siate voi stesse anche se questo volesse dire avere troppo spazio e nessuno con cui condividerlo.
Siete più che una donnina di casa, siete di più che una progettata per fare la moglie e l'incubatrice, siete di più di un comodino con sopra un'abat-jour, allora mostratevi per quello che siete, essere delle donne decise, che sanno ciò che vogliono, che non vogliono rinunciare al proprio lavoro, alle proprie passioni non fa di voi delle donne peggiori, delle future mogli meno abili o delle madri snaturate.
Essere libere non vi rende meno donne.

BallaFemmina come la terraFemmina come la guerraFemmina come la paceFemmina come la croceFemmina come la voceFemmina come saiFemmina come puoiFemmina come la sorteFemmina come la morteFemmina come la vitaFemmina come l'entrataFemmina come l'uscitaFemmina come le carteFemmina come saiFemmina come puoi