lunedì 15 giugno 2015

Il Dio delle piccole cose.




Un pomeriggio come tanti, caldo, in due sullo scooter , saliamo contromano sotto la via centrale,mi sembra che le lancette siano tornate indietro agli anni del liceo,siamo proprio nel cuore della mia città , proprio lì, ad un passo dalle vetrine, non direi scintillanti, nella via dei negozi, degli aperitivi. Una manciata di metri più in giù, si cela un mondo sommerso, di occhi grandi e tristi, di miseria umana . Proprio a due passi da te, con le tue belle Hogan da 300 euro.
Ci sono storie di ragazzi abbandonati , ci sono prostitute che ti accolgono in casa e con cui ti fumi una sigaretta, che ti spiegano cosa una madre è disposta a fare per i propri figli.
Ci sono ragazzi che si arrangiano anche se sono soli al mondo , che tirano a campare e ad essere meno invisibili di quanto non siano in realtà.
Ci sono persone che vivono in una stanza senza acqua e luce, in condizioni sanitarie precarie.
Ci sono i poveri della città, i reietti, gli alcolizzati e i drogati.
C'è una moschea e ci sono i feroci immigrati.
Mentre ti seguo nella passeggiata ci fermiamo a parlare,  ti salutano tutti "ciao amico", "ciao amico mio" rispondi sempre sorridendo. Ci fermiamo davanti la casa di uno di questi "mori" che ci spaventano tanto, così diversi da noi, grandi sorrisi, un bimbo piccolo con due occhi giganti e scuri come l'abisso che quei vicoli rappresentano, sono diversi perchè ti dicono accomodati, entra , siediti, sono puliti, accoglienti e ospitali, vedo giocare quel bimbo, ma quanti figli hai?? ... tre dice, ora sto in questa casa più grande così hanno spazio, e mentre li osservavo mi sono sentita a casa. Ci siamo fermati per poco, a sentire le chiacchiere di questi uomini dimenticati. cammino e sto in silenzio, perchè la sofferenza umana mi si incolla pesante addosso, e penso, chissà in quanti dei miei amici avrebbero spalancato le porte di casa per accoglierci in quel modo semplice, tipico di chi non ha nulla, credo nessuno. E pensare che ironia della sorte siamo noi che ci riempiamo la bocca con i si dovrebbero "INTEGRARE" e ancora li dobbiamo "OSPITARE" , ma l'unica cosa che sappiamo fare  è girarci dall'altra parte, vediamo , ma non osserviamo, così tutto scorre normale tra aperitivi e caffè, mentre a pochi metri si consumano le vite, come le candele nell'indifferenza totale, e si  vede colare la cera, finchè la candela non si spegne, scrostiamo via la cera e ne mettiamo un'altra di candela , tanto che ci importa a noi, nelle nostre belle scarpe pulite e con quella "H" in bella vista. "Per me siamo tutti uguali, ma davvero" mi hai detto, l'ho visto , ho visto come ti rispettano , come ti cercano, come si aprono i sorrisi quando sei li. Mille volte meglio dieci minuti in via Vallicaldi, tra gli invisibili, che 2 ore in via Atenea con i finti intellettuali, con quelli che ci dobbiamo ribellare , e poi rivotano sempre i soliti noti, quelli che le cose devono cambiare ma dopo il prossimo mojito, quelli che io non sono razzista però... quelli che blaterano cose inutili tutta la sera, poi li guardi negli occhi e vedi il vuoto. 
Tenetevi i vostri aperitivi , le vostre cosette firmate, semmai vi venisse voglia di fare emergere la vostra testolina dalla miseria in cui siete sprofondati, la peggiore povertà: di umanità , di sentimento, di valori, fate un fischio, vi porto a fare due passi.

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
Erri De Luca, da “Opera sull’acqua e altre poesie”

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