domenica 23 dicembre 2018

La sindrome del brutto anatroccolo

Quando andavo al liceo, in realtà anche dopo, mi sono sempre sentita il brutto anatroccolo, insomma l’amica che nelle descrizioni era quella “ma com’è carina?” E gli altri rispondevano “simpatica!”.


Simpatica in effetti mi ci sono sempre sentita. L’Autoironia la mia vera dote, il dono,  sopra ogni altra cosa.
Niente che non si possa risolvere con una risata, mi sono sempre detta. Ne ho fatto una filosofia di vita, mai prendersi troppo sul serio (ma ogni tanto lo faccio).


Insomma dicevamo, ho la sindrome del brutto anatroccolo, mi sento sempre fuori posto, sempre fuori moda, e sempre più bruttarella degli altri.
Ma non è solo che mi ci sento, è una delle poche solide certezze della mia vita.
In questi ultimi due anni ho rivisto alcuni di quelli che erano i miei “miti” al liceo, tipo i Dylan McCay o i Brandon Walsh di Agrigento alla fine degli anni ‘90, alcuni cambiati di molto, altri conservati perfettamente se possibile anche più affascinanti, l’uomo è così... o si appanza o diventa pieno di charme.
Insomma volevo dire a tutti i miei pupilli del liceo che ora mi trovano interessante, che io sono la stessa che 15 anni fa prendevano in giro e volevo chiedere eravate scemi allora o siete diventati scemi ora? 



Uno di questi  con una certa sobria eleganza mi ha fermata l’altra sera, non riconoscendomi si è presentato, mi ha chiesto il nome e mi ha detto “Monica, ti guardo da un’ora, te la posso dire una cosa? Si troppu bona”


E queste Si che sono soddisfazioni Christmas edition.

venerdì 14 dicembre 2018

L'ingrediente segreto.



Sono stata giusto qualche giorno fa ad un matrimonio, e ormai per deformazione professionale osservo ogni minimo dettaglio a partire dall’arrivo della sposa sul sagrato della chiesa o davanti al municipio: la macchina, il vestito del papà, i fiori in chiesa. I libretti della celebrazione poi non ne parliamo, li passo al setaccio, praticamente cerco anche eventuali refusi. Insomma, sono diventata “the Eye in the Sky” dei matrimoni, la zia zitella che nessuno vuole invitare perché tanto un difetto lo troverà comunque, sempre. Sono il giudice insindacabile di ogni portata del trattenimento, osservo il tovagliame, l’impiattamento, l’organizzazione dei buffet e la totale inciviltà di ogni invitato messo davanti al banco con il cibo. Sono diventata il giudice di X-Factor Wedding edition e quindi dell’animazione in sala. Non mi piacciono quasi mai i matrimoni troppo affollati che comportano una serie di scelte incontrovertibilmente scomode ed ovviamente la farà da padrone la totale assenza dell’intima complicità delle cerimonie con pochi invitati. Ma c’è una cosa che mi spiazza sempre quando la osservo, c’è una cosa che mi lascia senza parole e che sempre ogni volta mi fa dimenticare i nei o le macchie dei Matrimoni in cui vengo invitata, è “l’ingrediente Segreto”.




“L’ingrediente segreto” di tutti i matrimoni belli e solitamente longevi, lo potrete trovare se guardate bene negli occhi degli sposi, senza distinzione di età, razza, estrazione sociale e status economico. È una luce che si vede se guardi attentamente che si accende quando c’è davanti a voi una coppia felice di essere li con voi a festeggiare, è la luce che accende l’armonia e la complicità degli sposini, è la luce unica che si accende quando c’è l’amore, l’unico vero ingrediente che faccia riuscire un matrimonio. Se questo ingrediente non c’è si vede, e credetemi quando vi dico che ne ho visti tanti di matrimoni senza luce, allora guardatevi dentro e prima di rovinare la vostra vita e quella del vostro compagno o della vostra compagna, staccate la spina ad un rapporto che non c’è più, ricercate la luce e quando l’avrete trovata davvero, allora e solo allora sposatevi.





“Non è finita finché ricomincia” G.Romagnoli (Senza fine. La meraviglia dell’ultimo amore)




Mnemonicamente per la rivista Cerimonia in Stile.

domenica 2 dicembre 2018

Più forte ti scriverò.


Una delle mie classiche domeniche di guardia, ho finito di mangiare la pasta al forno che mia mamma mi fa prontamente arrivare con mio padre.
Pasta al forno che per ragioni sconosciute a chi non ha i superpoteri delle mamme,  non si capisce come riesca ad arrivare rovente da Agrigento ad Aragona. Mistero.
Appena assaporato il primo boccone arriva la visita da effettuare, puntuale, squilla il telefono o trilla il campanello, perché loro lo sanno quando stai per mangiare.



Non ricordo più come si faccia a scrivere una lettera, a rivolgersi ad un amico lontano scrivendo bellissimi profluvi di parole, senza faccine sorridenti, senza cuoricini o abbreviazioni. Vorrei avere un amico che ami ancora leggerle le lettere. Se esistessi ti scriverei così:

Caro Amore mio, non caro amore è davvero troppo.
Caro Amico mio, diciamo Caro Amico, che mio no, non posso proprio dirlo.
Ma amici mai, quindi direi che potrei iniziare con un tenero affettuoso ed essenziale: Caro.

Vorrei, se potessi, fermare il tempo e se potessi portare indietro le lancette dell’orologio per una volta nella vita, non lo farei, perché oggi è meglio di ieri.
Vorrei, se potessi, inventare un realizzatore di promesse quelle che le persone si fanno e che non potranno mai mantenere.
Vorrei poterti dire tutto senza avere uno schermo davanti, vorrei una foto da incorniciare e da guardare insieme sorridendo.
Vorrei avere il potere di tele-trasportarmi in tutti i posti che abbiamo immaginato e dove vorremmo andare.
Vorrei avere il potere di non mancare agli appuntamenti importanti, quando un silenzioso abbraccio serve più che mille lettere, talvolta un solo sguardo.
Vorrei avere il coraggio di chiedere, che non avrò mai, perché felici si può essere anche solo per un attimo e va bene anche così.
Vorrei avere il potere magico di infondere speranza, perchè ormai non ci crediamo più, non ci crede più nessuno che le cose possano travolgerci da un momento all’altro.
Vorrei che esistessi davvero, e che non ci fosse bisogno di scriverti.
Vorrei poterti dire che non ho paura e che tu mi dicessi “sono qui”.

Nel frattempo bevo una Coca Zero e guardo fuori dalla finestra, e riuscire a scorgere a malapena un angolo di cielo e la scia di un aereo.

“E siccome sei troppo lontano…più forte ti scriverò.”